café golem

l'inserto culturale di East Journal

La Signora del buio

di Giovanni Catelli

Nelle sere d’inverno, al diradarsi delle folle sul Kreschatik,  la Signora del buio riappare. Quando le cifre rosse sulla torre del Maidan segnano le ventitré, e il  carillon sparge le sue note di commiato all’aria gelida, la Signora  spalanca le porte del suo arrivo e si fa strada nel calore luminoso  della tavola calda: muove qualche passo, riservata, scruta i tavoli già  vuoti, osserva ogni vassoio abbandonato, dai clienti già lontani, nel  metrò, nel vasto gelo, non decide, si sofferma con un lieve sorriso di  stupore, di fronte allo schermo sospeso, alla sua luce fosforica, ed ai  volti sereni che soffiano sillabe uguali al silenzio. Avanza di nuovo, come svagata, poi ghermisce improvvisa un bicchiere  solitario, abbandonato, quasi pieno, e lo stringe disinvolta, col  sussiego della piena proprietà: cerca un tavolo propizio, un divanetto  confortevole, il giusto riposo del cliente soddisfatto, si accomoda  ordinata, distinta, diritta, guarda verso  il fondo della sala, cerca un ordine compiuto in cui placare il terrore  muto del disordine, il bisogno, la mancanza fredda delle cose  necessarie: è giunta, l’ora lieta, nessuno più le insidia il tempo, né  lo spazio malcerto d’ogni suo vagare, un’intera sala quieta, colma di  calore, luce, musica leggera, la difende, ospita serena il suo elegante  disperare, la protegge dal vasto fragore quotidiano, in cui muove  segreta il suo silenzio, l’accompagna nell’oblio d’ogni rincorsa, d’ogni  cupa ricerca senza luogo, la dissolve nei minuti calmi che irridono la  tenebra, saziandola di pace, sicurezza, tepore, parvenze di decoro. Noi non sappiamo l’ora precisa dei suoi commiati; ce ne andiamo, già,  dopo la mezzanotte, quando i gesti bruschi degli addetti mostrano che  l’ora di chiusura si propaga nel passato, e che il ritardo concesso agli  ultimi avventori scivola già verso rischiosi abissi: ci perdiamo  rapidi, oltre le porte laterali, e la scorgiamo intatta, immobile tra i  tavoli, al centro della sala, nel cuore stesso del chiarore, perenne,  rispettata e quasi trasparente ai gesti del servizio, forse, chissà, già  pronta a dissipare i suoi poteri, ma certo ancora solida e solenne al  sopravvivere del tempo intorno a lei.

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Questa voce è stata pubblicata il aprile 17, 2012 da in Racconti con tag , , , .
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